È dura dover perdere il lavoro non perché non hai le professionalità, ma perché devi semplicemente far vivere tua figlia.
È l’amara considerazione di Andrea Sciarretta, papà della piccola Noemi, bimba di 4 anni di Guardiagrele (Chieti) affetta dalla Atrofia muscolare spinale (Sma 1), malattia neurodegenerativa assimilabile nel novero di quella rare, per la quale non ci sono terapie efficaci.
Il giovane genitore, presidente della Progetto Noemi che ha creato per sensibilizzare l’attenzione su questi malati dimenticati, insieme alla moglie assiste sua figlia, la cui vicenda è salita alla ribalta delle cronache perché è stata ricevuta da papa Francesco e per le battaglie, anche legali, per accedere alle cure con il metodo Stamina.
C’è il sospetto che per questi motivi, il suo contratto, dopo sei anni, non sia stato trasformato da precario a tempo indeterminato. Sciarretta a giugno ha perso il lavoro, licenziato da un supermercato di Guardiagrele, e dopo alcuni mesi di infruttuosa ricerca ora è disperato.
L’uomo usufruiva dei permessi retribuiti previsti dalla legge 104, che prevede permessi ed altri sostegni ai parenti di malati gravi, per prendersi cura della figlia, che necessita assistenza continua 24 ore al giorno. Per lo stesso motivo nei mesi scorsi anche la moglie di Sciarretta ha dovuto lasciare il lavoro.
E ora i due giovani genitori, che hanno anche un altro figlio, sono entrambi senza reddito, in attesa che, senza fretta, la Regione Abruzzo approvi finalmente il progetto di legge sul Caregiver, che darebbe finalmente un riconoscimento giuridico a chi assiste disabili pediatrici gravissimi e non, riconosciuti invalidi al 100 per cento e che necessitano di altissima complessità assistenziale, garantendo loro un assegno mensile “di cura”.
La proposta di legge, a firma del consigliere regionale Mauro Di Dalmazio di Abruzzo futuro, è ferma nelle commissioni, ed è ignoto a tutt’oggi anche il budget.
Intanto però Sciarretta che, ironia della sorte, è stato uno dei promotori dell’iniziativa legislativa con la sua onlus Progetto Noemi, si ritrova senza reddito, e non riesce a trovare un’altra occupazione.
Anche e soprattutto perché, in un mercato sempre più competitivo e feroce e con sempre meno tutele, il doversi occupare di una figlia disabile, evidentemente rappresenta una macchia nel curriculum, un vero e proprio handicap agli occhi dei potenziali datori di lavoro.
“Da giugno sono disoccupato, non mi è stato confermato il contratto nel supermercato di Guardiagrele dove lavoravo da 6 anni, proprio nel momento in cui si prospettava il tempo indeterminato, che avrebbe garantito stabilità familiare – racconta Sciarretta – Per assistere mia figlia ho usufruito della legge 104, ovvero dei permessi retribuiti dall’Inps, per un massimo di 24 ore al mese, ore preziose per la vita di Neomi. Non so se sia stato questo mio usufruire di permessi ad aver determinato la cessazione del rapporto di lavoro, non voglio nemmeno pensarlo. Ho sempre garantito la mia presenza, seppur ridotta per legge, sul posto di lavoro”.
Una cosa è certa, Sciarretta trova grande difficoltà a trovare un’altra occupazione, “e quando affronto un colloquio e spiego che dovrò comunque avvalermi della legge 104, noto nei datori di lavoro un irrigidimento. Confido nel conoscere un imprenditore sensibile, che mi aiuti a coniugare l’assistenza per la mia piccola ed il reddito da lavoro. Spero che questo accada presto”.
Sciarretta sollecita la Regione Abruzzo sulla maggiore puntualità delle politiche di assistenza.
“A Noemi è garantita l’assistenza domiciliare per sole 4 ore al giorno nei feriali e 3 ore il sabato, per il resto, ovvero per le restanti ore di ogni giorno siamo mia moglie ed io a prenderci cura di nostra figlia che non può essere lasciata mai sola. Ecco perché e difficile conciliare i nostri tempi di vita con quelli del lavoro”, spiega ancora il giovane papà.
“Una boccata d’ossigeno sarebbe l’assegno mensile previsto nella legge sul Caregiver, per i casi più critici disabilità pediatrica mille euro mensili ad uno dei genitori. Ma la legge resta in commissione, e non è certa nemmeno la copertura finanziaria – conclude – Ci sono centinaia di casi ai quali, nella legge, deve essere garantito il 50 per cento delle risorse. Questo è un punto fermo in cui è impossibile spostarsi, una percentuale minore non sarebbe tollerabile”.